L’Università di Bologna, in collaborazione con l’ Istituto di cultura germanica e la Hermann und Elise Geborene Heckmann Wentzel-Stiftung dell’ Accademia delle scienze di Berlino, ha promosso lo studio e la pubblicazione dei codici della Nazione germanica rimasti finora inediti, avviando un programma quadriennale che prevede l’ edizione del “Liber inclytae Germanicae Nationis nominibus Immatriculatorum, 1573-1727" e dei due volumi degli “Annales” della Nazione, relativi agli anni 1595-1619 e 1640-1674. Si vuole in tal modo portare a compimento la pubblicazione dei codici della Nazione germanica, la più importante fra le nationes ultramontane dello Studio bolognese, le cui testimonianze si dispiegano su un arco cronologico di sei secoli, dal XIII al XVIII. La loro pubblicazione ebbe inizio più di un secolo fa con l’ opera di Carlo Malagola e Ernst Friedländer (Acta Nationis Germanicae Universitatis bononiensis, ex archetypis tabularii Malvezziani, iussu Instituti germanici Savignyani ediderunt ERNESTUS FRIEDLAENDER et CAROLUS MALAGOLA, con quinque tabulis, Berolini, typis et impensis Georgii Reimeri, 1887), una delle più note e delle più citate edizioni di fonti di storia universitaria.
Nel momento in cui viene avviata la nuova iniziativa, appare opportuno ripercorrere le vicende di quella prima impresa scientifico-editoriale che, alla luce attuale, costituisce il punto di avvio del medesimo percorso di cui oggi ci si appresta a coprire l' ultimo tratto.
L’archivio della Nazione germanica è l’unico degli archivi delle antiche nationes studentesche giunto fino a noi: salvato dalla dispersione nel 1825 dal conte Giuseppe M. Malvezzi de’ Medici in circostanze singolari, suscitò ben presto l' attenzione degli storici che, proprio in quel secolo, stavano fondando la storia delle Università. Le ricerche pionieristiche di Friedrich C. Savigny (Geschichte des römischen Rechts im Mittelalter, Heidelberg, 1834) sulle scuole post-irneriane, avevano richiamato l’ attenzione degli storici tedeschi sull’ Ateneo bolognese nel quale tanti connazionali avevano appreso e divulgato la scienza del diritto. Le carte dell’ Archivio Malvezzi erano note ad Arnold Luschin von Ebengreuth (1841-1932) che stava conducendo ricerche sugli studenti austriaci che avevano studiato diritto in Italia, a Carlo Malagola che se ne era servito per il suo studio su Codro Urceo, maestro di greco del giovane Nicolò Copernico la cui presenza a Bologna era attestata proprio nell' archivio della Nazione germanica. Fu proprio grazie a Malagola, amico personale del conte Nerio Malvezzi, che prese corpo l’idea della pubblicazione di alcuni codici conservati nell’ Archivio Malvezzi. L’attenzione suscitata dal suo studio su Copernico costituì per lui occasione di emergere al di là del ristretto ambiente bolognese. Nel 1878, egli entrò in contatto, seppur inutilmente, con la Società Copernicana di Thorn; l’anno successivo, egli poté far visionare i codici al celebre Ferdinand Gregorovius che ne condivise l’ interesse e che caldeggiò in patria il progetto di edizione. Risolutivo fu il ruolo del dott. Göppert, consigliere del potente ministro del governo prussiano, Robert von Puttkamer (1828-1900), che seppe apprezzarne, oltre alle ragioni scientifiche, i risvolti politici.
L’incarico di approntare un progetto di edizione fu affidato a Carl Georg Bruns (1816-1880), storico del diritto e professore dell'Università di Berlino, mentre il compito di stabilire un contatto con la famiglia Malvezzi fu assunto da Theodor Mommsen (1817-1903), il celebre filologo e storico dell' antichità classica, rinnovatore della tradizione erudita tedesca, ben noto in Italia.
Nel settembre 1880, Bruns venne a Bologna e presentò subito al ministro Puttkamer la propria relazione. Il criterio adottato da Bruns nella selezione dei documenti "veramente importanti" rifletteva quella che era in quel momento l' attitudine degli storici di fronte alla storia delle università, valorizzata solamente per l' età medievale, per quelli che erano considerati i secoli d' oro dell' istituzione, cui sarebbero seguiti secoli di lento e inarrestabile declino che non meritavano l' interesse dello storico e ancor meno l' edizione dei relativi documenti.
Questo orientamento era peraltro ben espresso nella lettera che il 23 dicembre 1880 Puttkamer scrisse al conte Malvezzi: "Per la Germania questi Atti hanno un' importanza somma, perché ci permettono un' idea soda e viva di quell' epoca in cui gli studi del diritto Romano risuscitati a Bologna lì furono attinti dai tedeschi per poi valicare le Alpi in quella forma che avevano ricevuta dall' erudizione de' celebri dottori dello Studio generale Bolognese".
Le morti improvvise del professor Bruns e del consigliere Göppert rallentarono l’ iniziativa, la cui valenza politica non sfuggiva tuttavia al ministro Puttkamer che ne affidò il coordinamento ad una commissione della Savigny-Stiftung, presieduta da Mommsen. Fin dall’avvio della trattativa fra Nerio Malvezzi e Mommsen, Malagola, che Malvezzi aveva segnalato come l’ esperto scientifico di sua fiducia, cercò di difendere la propria autonomia di studioso, mentre Mommsen intendeva riservarsi ogni valutazione e scelta e assicurare la paternità del progetto al governo prussiano. Il contratto sottoscritto con i Malvezzi assegnava a Malagola un ruolo ausiliare: egli avrebbe dovuto eseguire la trascrizione dei documenti e redigere una breve introduzione; una serie di clausole riservavano poi la revisione del suo lavoro a "qualche dotto tedesco" che avrebbe esaminato i manoscritti originali che andavano per questa ragione depositati a Berlino. Nel caso di interpretazioni divergenti sarebbe comunque prevalso il parere “dei periti” tedeschi. Malagola veniva compensato generosamente con 4000 lire italiane in oro dalla Savigny-Stiftung ma, per il resto, era esautorato da ogni scelta.
Come curatore tedesco fu scelto Ernst Frieländer, archivista del Königlich Preussisches Geheimer Staatsarchiv, ove furono depositati i codici provenienti dall’ archivio Malvezzi, mentre in un primo tempo era stato indicato il prof. Brunner dell' Università di Berlino. La revisione della trascrizione di Malagola si protrasse per quasi due anni, un tempo quasi inspiegabile alla luce del giudizio ampiamente positivo che fu dato sul lavoro svolto dall’archivista bolognese ("diligenter et perite"); possiamo ipotizzare che i problemi siano insorti con la redazione degli indici dei nomi e dei luoghi che dovettero comportare un ordine di problemi dapprima sottovalutato, come pure dal tentativo di completare l' opera con quel corredo di notizie biografiche sui singoli membri della Nazione germanica come era nelle intenzioni di Mommsen.
Nel febbraio del 1886 questi annunciava a Nerio Malvezzi che la stampa era stata già avviata ma solo nel marzo 1887 cominciarono a giungere a Bologna le prime bozze di stampa comprensive dell' introduzione affidata a E. Friedländer che il Malagola definì "una rivista bibliografica che è solo un sunto del mio opuscolo I libri della Nazione etc.". In effetti il ruolo di Friedländer appariva piuttosto marginale anche se egli si era riservato "la parte del Leone", come osservava amaramente Carlo Malagola in una lettera all' amico Nerio Malvezzi. Inoltre, a differenza di quanto era stato programmato, era venuto meno il corredo delle notizie biografiche dei membri della Nazione germanica, un compito assegnato a Friedländer che, nell’introduzione, dichiarava le difficoltà incontrate: per evitare di protrarre indefinitamente la pubblicazione dell’ opera, Mommsen decise di rinviare questa parte, destinandola ad un’ appendice che tardò ben 11 anni prima di essere pronta (GUSTAV KNOD, Deutsche Studenten in Bologna, 1289-1562. Biographischer Index zu den Acta Nationis Germanicae Universitatis Bononiensis, Berlin, R. v. Decker, 1899).
Agli occhi dello studioso bolognese i colleghi tedeschi apparivano più pretenziosi che competenti. La versione latina della sua introduzione, che fin dal primo momento i tedeschi si erano voluti riservare, gli appariva mal eseguita: "Nei giorni passati mi sono dovuto ammazzare a correggere il latino insanissimo del traduttore tedesco, che in molti punti non aveva neppur capito l' italiano, scambiando tratti di corda con l' impiccagione, e paramenti sacri con istrumenti, ed altri simili scambii aveva fatti con molta disinvoltura e che soprattutto era stato invaso da molta mania di abbreviare il mio scritto, saltando addirittura i punti che non capiva a prima vista".
Lo stesso Mommsen aveva dovuto riconoscere che "Lo stile latino lascia molto a desiderare; ci penserem a migliorarlo. Non siamo stati ben serviti in questo punto". Quel punto divenne per Malagola l'occasione per una rivalsa: "Di più nel finale [il traduttore] aveva usate le solite abbreviazioni e ridottolo a modo suo. Io l' ho rifatto in latino come lo avevo ideato prima e farò che resti. Mi pare che io che metto sotto la traduzione il mio nome abbia diritto che sia rispettato quello che faccio" e aggiungeva "Le correzioni da me fatte lo ho mostrate al Prof. Bilancioni di qui, un latinista di scuola vecchia, ma italiana, con poca etimologia ma pieno di buon gusto" (Enrico Bilancioni, 1808-1888, era un erudito riminese).
Qualche divergenza era infine insorta sulla prefazione generale al volume, scritta da Mommsen ed approvata dalla commissione della Savigny-Stiftung a dal ministero. Vi erano menzionati i meriti di molti che avevano avuto un ruolo solo istituzionale nell' impresa, come i ministri Gustav von Gossler ed Heinrich Friedberg, il cancelliere Bismarck e lo stesso imperatore Guglielmo I, e troppo sobria apparve a Carlo Malagola la menzione della famiglia Malvezzi. Qualche lettera corse ancora fra Rimini, Saint Moritz e Charlottenburg ove si trovavano rispettivamente C. Malagola, N. Malvezzi e Th. Mommsen finché la frase originaria ("Tabularium domesticum Malvezziorum qui hodie possidet Iohannes senator regni Italiae") fu modificata con l'aggiunta di qualche attributo di riguardo: "Tabularium domesticum gentis illustris et vetustae comitum Malvezziorum de' Medici qui hodie possidet Iohannes, senator regni Italiae, intercedente filio Nereo".
L' impresa, avviata nell'agosto del 1880, nel novembre del 1887 era giunta al termine e Friedländer poteva annunciare a Malvezzi l’ imminente spedizione delle copie del libro, un’edizione in-4°, corredata di cinque tavole cromolitografiche, di cui era stata fatta anche una tiratura speciale, con carta di pregio.
L’apporto bolognese era stato fondamentale, sia quello dei Malvezzi che avevano acconsentito che i codici restassero a Berlino per ben 4 anni sia quello di Malagola che era, alla luce dei fatti, l’unico vero autore dell’opera e che si vedeva ora relegato ad un ruolo quasi marginale senza che riuscisse a ricavarne quella stima e quei rapporti col mondo scientifico internazionale che costituivano la sua maggiore ambizione. Di contro la direzione dell’ impresa scientifico-editoriale che il governo prussiano si era assicurato attraverso il contratto e il controllo economico della pubblicazione, adesso consentiva di sottolinearne gli aspetti più vantaggiosi sul piano politico. Anche dal punto di vista di Mommsen l' obiettivo era pienamente raggiunto: le ragioni scientifiche ben si coniugavano con quelle politiche e il successo poteva dirsi doppio: "da parte nostra non abbiamo mente [che] all' alleanza leale e cordiale de' Tedeschi e degli Italiani, di cui questo volume sarà come testimonianza doppia tanto antica quanto recente".
A cose fatte anche Malagola, nonostante le incomprensioni che avevano connotato la sua collaborazione, trasse qualche vantaggio dalla sua partecipazione all’ impresa, legando il suo nome ad un’opera che, per il rilievo internazionale dei promotori, divenne il più prezioso avviso delle imminenti feste del Ottavo Centenario dello Studio bolognese che sarebbe stato celebrato da lì a pochi mesi.