Riconoscere la tecnica per la realizzazione di fotografie attraverso l'osservazione di un positivo su carta, risulta un'operazione complessa per la varietà dei procedimenti e per quegli accorgimenti che il fotografo introduceva per personalizzare l'immagine: una vernice lucida o un viraggio trae spesso in inganno il catalogatore. Al fine di stabilire con criteri scientifici le tecniche utilizzate nelle fotografie del Fondo Supino (albumina, gelatina e collodio), l'Archivio si è avvalso della collaborazione dell'ENEA che ha messo a disposizione i suoi laboratori di microscopia, effettuando tre tipi di analisi:
- microscopio ottico a luce riflessa modello REICHERT-JUNG-MF3 utilizzato per ingrandimenti 30x, che ha messo in evidenza soprattutto le caratteristiche morfologiche delle immagini.
- microscopio elettronico a scansione (SEM) che, a differenza del microscopio ottico che si basa su onde luminose, utilizza un fascio di elettroni ed è in grado di fornire ingrandimenti fino a 100.000 volte le dimensioni reali. Il risultato è un'immagine tridimensionale con elevata risoluzione nei dettagli e con grande profondità di fuoco, formata non dagli elettroni che attraversano il campione, ma dagli elettroni secondari emessi punto per punto dalla superficie dell'oggetto che viene colpito dal sottilissimo fascio di elettroni primario.
- microanalisi (EDS) collegata al SEM, rileva i raggi X emessi dagli atomi quando sono colpiti dal fascio di elettroni primario, fornendo quindi un analisi elementare quantitativa del punto colpito dal fascio di elettroni. Ogni punto che subisce la scansione può diventare una sorgente puntiforme di raggi X, le cui lunghezze d'onda, sono caratteristiche di ciascun elemento presente in quel punto e cambiano in base al diverso peso atomico. Analizzando mediante un adatto spettrometro le lunghezze d'onda dei raggi X emessi, è possibile risalire all'identità dell'elemento bombardato.